27/03/2015 – Semplicità e gusto, per una Pasqua all’insegna della tradizione.
La tavola di Pasqua, a Roma e nel Lazio, è un sincero omaggio alla tradizione gastronomia territoriale. Sapori forti delle campagne e gustose raffinatezze locali, si sposano in un connubio gastronomico ricco di particolarità, impreziosito da numerose preparazioni culinarie, reperibili sui singoli territori oppure all’interno dei tanti Mercati Contadini della regione.
Il simbolo del pranzo laziale è l’abbacchio, che da secoli campeggia sulle tavole regionali. Tradizionalmente, il termine “abbacchio” indica l’agnello giovane, lattante, pronto per la vendita, disponibile in tagli differenti: intero, mezzena, spalla e coscio, costolette, testa e coratella. Le sue carni, tenere e saporite, rivestono un ruolo di primo piano nella gastronomia territoriale, oramai da millenni. Un ruolo così importante, che il suo commercio, già particolarmente fiorente nella Roma Antica, nella Roma dei Papi era addirittura tutelato con leggi e decreti “ad hoc”.
La cucina regionale, nelle sue diverse sfaccettature, conosce oltre 100 modi per preparare l’abbacchio, ma i più gettonati restano sempre quelli tradizionali: alla Romana (al forno con patate, vino bianco e rosmarino), alla Cacciatora (cotto al tegame, con aceto, rosmarino, aglio e salvia) o a Scottadito (cucinato alla brace, tendenzialmente si utilizzano le sole costolette, condite con rosmarino, olio, pepe e limone). Dal 2009 l’abbacchio è tutelato dal marchio IGP. La denominazione Abbacchio Romano IGP caratterizza esclusivamente agnelli da latte allevati nei territori della regione Lazio, di massimo 8 kg di peso e con un’età compresa, all’atto della macellazione, tra i 28 e i 40 giorni.
Altro ingrediente forte della tavola pasquale è la Ricotta Romana. Come l’abbacchio, la ricotta è un altro alimento di origine millenaria, che accompagna le abitudini gastronomiche territoriali oramai da tempo immemore. I cenni storici più antichi sono le descrizioni delle tecniche lattiero-casearie fornite da Columella nel suo “De Re Rustica” (il più importante trattato agronomico dell’età latina) e le norme di Marco Porcio Catone, sulla pastorizia nell’epoca repubblicana. La ricotta si ottiene dalla coagulazione delle proteine contenute nel siero del latte, che viene separato dalla cagliata durante la caseificazione. Il nome “ricotta”, (dal latino recocta) deriva dall’alta temperatura a cui avviene il processo di coagulazione, che porta il siero a “ricuocere”, donando origine al prodotto.
La Ricotta Romana, tutelata dal marchio DOP a partire dal 2005, si ottiene esclusivamente da siero di latte di pecora, proveniente dal territorio regionale. Il suo sapore, delicato e lievemente dolciastro, è uno dei più caratteristici (e popolari) della gastronomia territoriale.
Tra i PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) della nostra regione, figurano invece numerose preparazioni, dolci e salate, legate indissolubilmente alle festività pasquali. Come la Pizza Grassa di Leonessa (a base salata, impastata con burro, spezie e salumi locali) o le numerosissime Pizze o Torte di Pasqua, realizzate con ricette differenti, nei diversi territori del Lazio.
Nella Tuscia Viterbese, la Pizza di Pasqua viene realizzata in due versioni, dolce o al formaggio, entrambe con la caratteristica forma a fungo. La prima, dolce, si distingue per una forte nota di cannella. La seconda, quella al formaggio, conserva il sapore marcato del pecorino. Altrettanto caratteristica è la Pizza Pasquale della Sabina, una focaccia di forma conica, impasta tata con farina di grano tenero, uova, rum, zucchero e canditi, dal sapore dolciastro o lievemente salato.
Da Roma in giù, invece, la Torta Pasquale è una ciambella dolce, a base di liquore o semi di anice, dall’impasto consistente e dal sapore delicato. A seconda dell’area di produzione (le province di Roma, Frosinone o Latina) la “Torta” può essere glassata, oppure arricchita con uova sode.
Altre preparazioni, dolci e salate, legate al periodo sono la Torta Pasqualina di Anagni (a base di pasta frolla, farcita con un ripieno di ricotta), il Tortolo di Pasqua di Sezze (una pagnottina dolce a base di farina, aromatizzata con buccia di limone e sambuca) e la Tosa di Pasqua (una preparazione dolce, a forma di bambola o di ciambella, a base di farina, latte, uova e semi di anice).
Sono tipici di questo scorcio stagionale anche Cavallucci e Pigne di Palestrina (biscotti di pasta cresciuta di dimensioni notevoli, grandi più o meno quanto una piccola torta, guarniti con confetti colorati) e Cavallucciu e Pucanella (pani dolci aromatizzati) di Amatrice. In tutti e due i casi, la forma del dolce veniva scelta in base al sesso del bambino che lo riceveva in dono: cavallucci per i bambini, pigne o pucanelle (bambole) per le bambine. Più che nei giorni di festa, Cavallucci, Bambole e Pucanelle, venivano consumati durante le scampagnate, di Pasquetta, oppure della domenica successiva (in albis secondo la tradizione canonica), quando il bel tempo prendeva il sopravvento e le famiglie, oppure le comitive, si ritrovavano in aperta campagna per piacevoli giornate all’aria aperta, nel tepore della piena primavera.
Ulteriori informazioni sui singoli prodotti e sulla loro origine, sono reperibili dalla sezione “Prodotti Tipici e Tradizionali” del portale istituzionale di Arsial.